Punti di vista: Claudia Sirchia

Il mondo della moda sta cambiando. Vogliamo capire come, e stiamo parlando con alcune persone che, in un modo o nell'altro, lo vivono. Oggi è il turno di Claudia Sirchia, un giovane fotografo e blogger italiano.

Ciao Claudia, ti dispiace dirci qualcosa di te?

Ventiquattro anni, ho un bisogno spasmodico di inventare qualcosa di nuovo da dedicare. Ho studiato architettura e fotografia, cerco la bellezza in ogni cosa e dove, apparentemente, non c'è, mi piace crearla. Ho sempre bisogno di esprimere, con parole o fotografie. Sociale è la mia parola d'ordine, amo stare in mezzo alla gente e studiarla.

Lei dice che crea delle situazioni per scattare le sue fotografie: com'è fotografare le persone?

Le persone sono la più grande sfida che affronto quando ho la macchina fotografica in mano.
Si creano diverse situazioni, sia in uno studio che fuori. Fuori c'è più divertimento, è più libero e di solito c'è meno imbarazzo. In studio, altrimenti, sei tu e gli occhi di chi ti sta di fronte, ed è quello che amo fare.
Devi affrontare quel momento in cui la modella ti guarda e ti chiede silenziosamente cosa vuoi da lei, e lì devi provare l'emozione che vuoi tirare fuori.

Cos'è la moda per te?

Dipende da come lo intendiamo.
La rivista di moda è qualcosa di cui parlerei per ore, così da sembrare le modelle che falciano la passerella per giorni. È un mondo a sé, qualcosa come il paese delle meraviglie. E' tutto così frenetico, poi le luci si spengono e inizia lo show.
Lo street style è quello che mi piace di più. Certo, gli occhi sono lo specchio dell'anima e le mani sono il biglietto da visita, ma il modo in cui la gente si veste ci parla. Dice tutto: dall'attenzione che usiamo per comprare un capo al tempo che spendiamo per curare i nostri outfit, si può anche capire com'è una persona e quanto si rispetta.
Questo è tutto. E' il modo più semplice per capire se una persona, se ti interessa davvero. Capire e non giudicare.

E che dire della fotografia di moda?

È il vero mondo incantato, dove si pestano i piedi.
È magico sapere che tutto quello che vedi sulle pagine patinate è il risultato di una mente che ha visto prima di te.
Preferisco Annie Leibovitz, con la visione esasperata dei suoi set, rispetto a Terry Richardson che trovo un po' troppo sciatto.
Se sei dall'altra parte della telecamera è diverso. Ci si sente folli, ma nella tua testa regna una sorta di caos tranquillo. Se hai in mente quello che vuoi fare, ci andrai, altrimenti sarai portato da chi lavora con te in visioni diverse. È una magia, non si può spiegare.
Hai un'idea, ci pensi, poi la rilanci e la immagini nei dettagli. Poi guardi il set, aspettando i tuoi scatti.

Come sono cambiate le riprese di moda negli ultimi anni, secondo lei?

Hanno subito la stessa influenza che ha subito il mondo della moda in generale. L'attenzione si è spostata dal modello all'indumento o accessorio. Si punta direttamente alla dipendenza di possedere qualcosa e non si ha più la voglia di desiderare la stessa cosa che ha grande carattere di moda. Una volta era product placement, ora è semplicemente pubblicità.
Si tratta della spersonalizzazione di coloro che posano, ci sono manichini e non più top model.

In che direzione pensa che andrà in futuro?

Penso, purtroppo, che andrà verso l'eliminazione totale del fattore umano nelle riprese.
Faccio fatica a capire perché si è già arrivati alla cancellazione della vera personalità dei modelli, sono pochi i nomi che creano vere tendenze ormai. Lo still life ha preso molto più piede che in passato, richiede meno sforzo fotografare una borsa piuttosto che una borsa tenuta da una modella: comprensibile ma non apprezzabile.
Il lavoro del fotografo è quello di gestire un set e quello della marca è quello di poter collocare nel modo migliore ciò che vende. Perché privare un oggetto desiderabile del soggetto che si desidera?

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